Emmanuel Levinas by Bernhard Casper

Emmanuel Levinas by Bernhard Casper

autore:Bernhard Casper
La lingua: eng
Format: epub
editore: Mimesis Edizioni
pubblicato: 2019-01-29T14:05:22+00:00


Dagli scritti dei sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti abbiamo molte testimonianze delle esperienze di umanità vissute proprio in questo inferno. Ciò che da una parte unisce e dall’altra però anche distingue i pensieri di Levinas, annotati su sette quadernetti nello Stalag 1492, rispetto a queste testimonianze di umanità descritte, ad esempio, da Primo Levi, Elie Wiesel, Ruth Klueger, Imre Kertesz e molti altri, è il fatto che in questo inferno un filosofo, e proprio con i mezzi della riflessione filosofica, tenta di rendere conto del senso dell’esistenza umana. Da filosofo, Levinas, studente del fenomenologo Edmund Husserl, aveva imparato che nelle scienze, ma anche come persona, si ha la possibilità di ottenere una comprensione prima ed evidente delle cose, oltre la quale non si può arretrare ulteriormente, a meno che prima non si sia messo tra parentesi tutto ciò che si pensa di sapere già – se cioè se ne prende le distanze, se si mette fuori gioco tutto il sapere che si pensa di possedere già, per divenire in tal modo liberi di mettersi in relazione, con occhi completamente aperti e orecchie altrettanto aperte e in modo originario, con tutta la realtà così come essa è realmente, e non solo come forse ci piace pensarla. Questo procedimento è detto «metodo della riduzione fenomenologica» o «dell’epoché fenomenologica». È simile al metodo dell’antica scepsi. Già nel primo dei quaderni delle sue annotazioni dalla prigionia, Levinas paragona questo avvenimento della riduzione fenomenologica a ciò che succede per la persona nello Shabbat. «Réduction = Shabbat », «riduzione = Shabbat »44. Nello Shabbat tutto l’agire umano deve tacere. Ogni lavoro deve fermarsi, cosicché ciò che Dio, a partire da sé, vuol far vedere agli uomini, possa giungere in modo del tutto limpido alla coscienza dell’uomo; cosicché ciò che Dio vuole dirci possa non essere bloccato da null’altro. Questo è il senso positivo della quiete dello Shabbat. Tutto ciò che deriva solamente da noi uomini deve essere messo tra parentesi, deve essere messo fuori gioco, in modo che possiamo apprendere ciò che Dio vuole da noi.

E tuttavia – dice Levinas, che fino ad allora come fenomenologo era stato abituato a sottoporre alla riduzione fenomenologica ogni sapere che il mondo ci rende accessibile nei suoi contenuti, in modo da giungere a un sapere originario riguardo ai molti contenuti del sapere umano – qui, in questa prigionia, e in considerazione del fatto che forse domani non vivrò più, mi trovo adesso io stesso in una situazione di riduzione fenomenologica. Non un qualche contenuto del sapere, ma io stesso nella mia nuda esistenza mi trovo radicalmente messo in questione in quanto me stesso. Non ho più nient’altro che me stesso, ed anche questo vale solo per questo istante, e allora devo chiedermi: perché mai posso essere qui in quanto me stesso? che cosa mi dà il diritto di vivere in quanto me stesso?

Se negli appunti della prigionia di Levinas si cerca una parola che focalizzi in un concetto ciò che lui sperimenta nella prigionia, questa è senz’altro solitude 45.



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